10 anni di Cannabis Legale: l’esempio dell’Uruguay 

Tanti la amano, sia per le sue proprietà benefiche che per il suo ascendente economico, altri la odiano e tentano di ostacolarla, lasciando che le casse del traffico illegale si rimpinguino continuamente. Ma una cosa è certa: la Cannabis esiste da secoli e continua a stupire per il suo enorme potenziale, benefico e produttivo. 

Un esempio ne è l’Uruguay, il primo stato al mondo ad aver legalizzato la Marijuana dal 2013. Ma cosa è cambiato? Ci sono stati dei miglioramenti? E cosa ancora potrebbe essere migliorato a dieci anni dal provvedimento? 

Scopriamo insieme un bilancio della situazione odierna dell’Uruguay a un decennio dalla legalizzazione della Cannabis. 

Cos’è cambiato per lo Stato e per il Traffico Illegale

L’Uruguay, nel 2013, è stato il primo paese al mondo a dare via al processo di legalizzazione della Cannabis, grazie all’ex guerrigliero tupamaro Pepe Muijca e allora presidente dello stato sudamericano. 

Sicuramente una guerra aperta al narcotraffico, in quanto Muijca, attraverso la legge 19/172, diede ufficialmente il via libera alla produzione, vendita e consumo di Cannabis a consumo ricreativo, oltre che medicinale. 

Ad oggi l’Uruguay non solo ha sensibilmente ridotto il commercio illegale di cannabis, ma si è imposta tra i maggiori produttori sul mercato internazionale. 

Basti pensare che, solo nel 2022, secondo i dati dell’Agenzia di promozione delle esportazioni dell’Uruguay XXI, il paese sudamericano ha incassato ben 5,3 milioni di dollari grazie alla vendita di circa 16 tonnellate di marijuana (la stragrande maggioranza per uso medicinale) per esportarle in paesi come Portogallo, Germania, Canada e Stati Uniti.

 

Anche se, come ricorda Florencia Lemos, attivista antiproibizionista e componente dell’osservatorio Monitor Cannabis della facoltа di Scienze sociali dell’Universitа della Repubblica, il modello uruguayano – seppur funzioni – “va aggiornata”. 

Ad oggi infatti il modello necessità di alcune modifiche, in quanto un po’ retrogrado per la situazione mondiale. Un esempio ne è il veto imposto al turismo, in quanto la legge prevede che i consumatori, per entrare nel circuito di compra-vendita della Cannabis, debbano essere residenti uruguyani. 

Escludendo così a priori ogni slancio turistico all’interno del paese. Ma vediamo più nel dettaglio cosa prevede la legge che da più di dieci anni vige in Uruguay. 

“Nei primi quattro anni […] il narcotraffico si è prosciugato perdendo 22 milioni di dollari all’anno”

La legalizzazione del consumo e della produzione di marijuana ha creato, secondo dati governativi, posti di lavoro e di reddito. Tanti i progetti attualmente attivi nel paese, anche grazie a una grande disponibilità di ettari di terreno, che potrebbe consentire all’Uruguay di far decollare, con maggior incidenza, nel commercio di cannabis sul piano internazionale. 

Tuttavia il sistema in blocca in un collo di bottiglia: la burocrazia. Perché?

Facciamo prima un passo indietro. Ad oggi in Uruguay sono tre i principali circuiti di vendita di marjiuana: la coltivazione in casa, i club e le farmacia. 

Se nel caso degli ultimi due, il prezzo di fornitura è fisso e richiede l’iscrizione presso il ministero della Salute, oltre ad essere un residente uruguayano, la situazione muta nel caso dell’auto-produzione a casa, che apre una faglia nel mercato statale in una cosiddetta “zona grigia”. 

Con un massimo di 100 piante da poter coltivare all’anno, la coltivazione in casa permette anche chi non ha accesso e non è registrato nel registro statale di consumatori, di poter acquistare e consumare Cannabis sottobanco. 

Una forma di mercato illegale, certo, che rasenta la legalità. 

Ma oggi, a ben dieci anni dalla legalizzazione della cannabis nel paese sudamericano non si può certo dire che il mercato nero di marjiuana non si sia arrestato. Ormai – quasi – pienamente ad uso comune, la cannabis è ufficialmente stata esclusa nel circuito illegale di droga, per lasciare spazio a cocaina e derivati. 

I risultati ci sono stati e, nonostante la legge necessiti di un ammodernamento per esigenze più di stampo burocratico e meno stringente, l’Uruguay è un esempio di come la produzione, l’uso e il consumo di cannabis non sia un pericolo, quanto un’opportunità da cogliere al volo. 

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