Cannabis e Funzioni Cognitive: Cosa Dice il Nuovo Studio
La cannabis è al centro di un intenso dibattito pubblico e scientifico, specialmente con il diffondersi del suo impiego per scopi terapeutici. Molti pazienti oggi si rivolgono alla cannabis per alleviare sintomi come dolore cronico, ansia, depressione e disturbi del sonno. Tuttavia, la preoccupazione principale rimane: come influisce l’uso della cannabis sulle funzioni cognitive a lungo termine? Ha un impatto positivo o negativo per quanto concerne la memoria a breve termine?
Tra ricerche scientifiche e fake news, sta diventando sempre più difficile fare strada alla verità.
Un recente studio condotto dall’American Medical Association e pubblicato nella rivista JAMA Network Open offre nuove intuizioni su questa questione cruciale.
Cannabis e memoria: lo Studio
Negli ultimi tempi, il National Institute on Drug Abuse (NIDA) ha finanziato una ricerca il cui epicentro era l’analisi dell’impatto dell’uso terapeutico della cannabis sulle funzioni cognitive dei consumatori. La ricerca è stata condotta su un campione di 57 pazienti consumatori di cannabis a scopo terapeutico nell’area di Boston.
I ricercatori si sono serviti della risonanza magnetica funzionale (fMRI) per monitorare l’attività cerebrale dei partecipanti durante la durata di test, i quali prevedevano lo svolgimento di vari compiti cognitivi.
Le scansioni sono state effettuate sia all’inizio dello studio, sia un anno dopo. I risultati raccolti hanno permesso ai ricercatori di valutare eventuali cambiamenti nell’attività cerebrale dovuti all’uso prolungato della cannabis.
Che impatto ha la cannabis sulle funzioni cognitive? I risultati.
A fine ricerca, i risultati sono stati significativi. In sintesi, lo studio ha rilevato che:
- L’uso prolungato di cannabis non ha prodotto nessuna differenza significativa nelle strutture cognitive dei pazienti. Il che dimostra come l’uso di cannabis terapeutica non produca un impatto negativo sull’attività cerebrale dell’essere umano, anzi.
- L’imaging funzionale (tecnica che permette di osservare l’attività del cervello mentre esegue compiti specifici) ha rivelato che l’attività cerebrale legata ai processi cognitivi, come la memoria di lavoro, l’elaborazione delle ricompense e il controllo delle reazioni impulsive, è rimasta costante nel tempo per tutti i gruppi e in entrambi i momenti in cui sono stati eseguiti gli esami.
- Gli adulti che utilizzano cannabis, generalmente con modelli di consumo da leggeri a moderati, per gestire sintomi di dolore, ansia, depressione o scarso sonno, sembrano non sperimentare cambiamenti neurali significativi nel lungo termine.
Implicazioni Cliniche e Sociali
I risultati di questo studio forniscono informazioni preziose sia per i professionisti della salute sia per i pazienti. Le implicazioni sono difatti molteplici e mostrano come la cannabis possa aiutare i medici nel somministrare dei palliativi sicuri ai propri pazienti, così da permettere a quest’ultimo un decorso delle malattie ben differenti rispetto a ciò che accade oggi. Ma permetterebbe anche di monitorare costantemente e a lungo termine gli effetti della cannabis su svariate patologie.
Inoltre, l’introduzione della cannabis come metodica consueta nelle terapie, avvantaggerebbe innanzitutto i pazienti, i quali vivrebbero esperienze decisamente differenti e meno traumatiche, a dispetto di quelle previste dalla medicina tradizionale.
Tuttavia, nonostante i risultati siano promettenti, è sempre buona norma precisare che sono necessarie ulteriori ricerche per esplorare diverse variabili e applicazioni rispetto alle varie situazioni patologiche. Ma è innegabile il valore che quest’ultima ricerca rappresenta nel panorama scientifico internazionale.
Fonti:
2. https://jamanetwork.com/journals/jamanetworkopen/fullarticle/2823671
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