CBD e Apparato Intestinale
Per anni se non secoli, la cannabis è stata largamente utilizzata per le sue proprietà medicinali e negli ultimi decenni sono state condotte ricerche sul meccanismo d’azione e sugli effetti fisiologici di specifici cannabinoidi. Tra i cannabinoidi, il cannabidiolo (CBD) è stato studiato in modo più approfondito, sebbene in qualche modo limitato nella portata rispetto ad altri bioattivi fitochimici.
Il CBD è un fitocannabinoide liposolubile non psicoattivo che viene incorporato negli integratori più diffusi a causa dei suoi presunti benefici per la salute. L’attività biologica fondamentale del CBD è stata studiata meccanicamente e in studi clinici per valutare il suo impatto su disturbi psicologici, disturbi neurologici, tumori e malattie gastrointestinali. Il CBD può interagire con i recettori non endocannabinoidi coinvolti nella funzione gastrointestinale, come quelli della 5- idrossitriptamina (5-HT), nota anche come serotonina. I recettori 5-HT si trovano in tutto il tratto gastrointestinale e modulano la motilità intestinale.
L’effetto della 5-HT sulla funzione gastrointestinale è stato ben stabilito e i prodotti farmaceutici che agiscono sui recettori 5-HT sono usati per trattare i disturbi funzionali gastrointestinali. Gli effetti del CBD su tutti i sottotipi di recettori 5-HT devono ancora essere segnalati in quanto la maggior parte della ricerca si è concentrata principalmente sulle interazioni con il recettore 5-HT1A. L’attivazione del CBD dei recettori 5-HT1A è stata implicata nei suoi effetti antidepressivi, antiansiolitici, antiemetici e antinausea. Infine, è stato anche proposto che il CBD attivi il recettore γ attivato dal proliferatore del perossisoma (PPAR-γ), un recettore attualmente ritenuto funzionare esternamente all’ECS ed è coinvolto nella regolazione dell’equilibrio gastrointestinale e neurologico. Sono necessarie ulteriori ricerche per caratterizzare completamente questa interazione; tuttavia, dati preclinici e bioptici umani hanno dimostrato che il CBD attiva il recettore γ attivato dal proliferatore del perossisoma esercitando effetti neuroprotettivi e antinfiammatori.
La motilità intestinale è controllata attraverso le contrazioni della muscolatura liscia indotte dal sistema nervoso enterico e centrale. Queste contrazioni muovono il contenuto dell’intestino attraverso il tratto digestivo e sono controllate attraverso meccanismi neuroumorali, elettrici e cellulari. Ciò induce movimenti di segmentazione localizzati e potenti onde contrattili, note come peristalsi di massa. Gli ormoni, tra cui l’insulina, la colecistochinina e la gastrina, sono coinvolti nella motilità intestinale oltre ai neurotrasmettitori (ad esempio, serotonina e acetilcolina). Le irregolarità nella motilità intestinale sono spesso associate a processi infiammatori, come durante la colite, che potrebbero avere un impatto su molteplici aspetti del sistema.
L’IBS(sindrome del colon irritabile) è un disturbo funzionale gastrointestinale caratterizzato da dolore e alterazioni nella frequenza delle feci, che può essere sottotipizzato in diarrea (ipermotilità), costipazione (ipomotilità) o predominanza mista. Si stima che la prevalenza dell’IBS nella popolazione generale sia compresa tra circa il 5% e il 10%. La fisiopatologia dell’IBS rimane poco definita e la sua eziologia è probabilmente multifattoriale. Numerosi studi hanno indagato il ruolo dell’infiammazione subclinica come parte della sua eziologia.
La malattia infiammatoria intestinale (IBD) è una malattia infiammatoria cronica localizzata nel colon e nel retto (colite ulcerosa) o che colpisce l’intero tratto gastrointestinale (morbo di Crohn). Un sintomo comune di entrambe le forme di IBD è la diarrea e l’infiammazione clinica.
Lo studio
Lo studio vede il CBD somministrato, applicato o altrimenti utilizzato in vitro o in vivo con l’obiettivo di analizzare la motilità intestinale, fattori infiammatori e patologici. Tale studio comprende CBD puro ed CBD Full Spectrum, il quale comprende la vasta gamma di cannabinoidi, terpeni e flavonoidi in concentrazioni inferiori rispetto al CBD. Non sono stati inclusi, invece cannabinoidi sintetici e l’isomero strutturale del CBD, spesso definito “CBD anormale“.
Si è osservato che, l’efficacia del CBD come intervento terapeutico varia in base alle condizioni, al dosaggio, al metodo di somministrazione e allo stato infiammatorio, insieme ad altri fattori non identificati. Ad oggi, esistono prove limitate del fatto che il CBD possa migliorare i sintomi gastrointestinali sia dell’IBS che dell’IBD negli esseri umani, sulla base degli studi sull’uomo con dosi e vie di somministrazione molto diverse identificate durante una revisione sistematica. Il dosaggio tra questi studi variava da 20 a 500 mg/die di CBD.
Il CBD è una molecola idrofobica e ha un alto tasso di metabolismo di fase 1. Attualmente esiste una lacuna nelle conoscenze sull’attività biologica dei metaboliti del CBD. Uno dei pochi studi sui derivati del CBD ha riportato che il 7- COOH-CBD ha ridotto il tasso di defecazione nei topi. Pertanto, esistono prove preliminari che i metaboliti del CBD potrebbero contribuire agli effetti globali sulla riduzione degli stati di diarrea.
È possibile che il CBD influenzi la motilità intestinale attraverso l’asse intestino-cervello, che è un sistema neurale bidirezionale che influenza le funzioni fisiologiche in tutto il corpo umano. Di conseguenza, il microbioma intestinale produce molecole di segnalazione, compresi i neurotrasmettitori, che partecipano all’asse intestino-cervello e rappresentano quindi un ulteriore bersaglio terapeutico per affrontare i disturbi intestinali e neurologici. Pochi studi hanno indagato l’impatto del CBD sul microbioma intestinale, sebbene sia stato segnalato un arricchimento di batteri benefici e dei loro prodotti, come gli acidi grassi a catena corta.
Inoltre, è stato scoperto che la risposta infiammatoria indotta da LPS (un lipopolisaccaride responsabile di diverse patologie a carico del sistema digerente tra cui Colite ulcerosa e morbo di Crohn) nell’intestino dei topi determinava un’aumentata espressione di S100B, una proteina localizzata esclusivamente nelle cellule nervose intestinali. È interessante notare che il pretrattamento con CBD è stato in grado di prevenire l’iperattivazione delle cellule nervose nell’intestino dei topi con LPS, come rivelato dalla ridotta espressione di S100B. In accordo con questa teoria, si è scoperto che il declino dell’espressione di S100B dopo il trattamento con CBD era accompagnato da una diminuzione della presenza di cellule infiammatorie nell’intestino. In particolare, il trattamento con CBD ha impedito l’aumento del numero di mastociti indotto da LPS, come evidenziato dall’analisi istologica, suggerendo che, il CBD è in grado di modulare la risposta immunitaria all’infiammazione.
Sebbene il CBD non interagisca direttamente con i recettori CB1 o CB2, nello studio è stato dimostrato che il CBD interagisce indirettamente con i recettori dei cannabinoidi attraverso la modulazione del sistema endocannabinoide.
I risultati indicano che il CBD è una molecola modulatrice chiave che può interferire con le interazioni mediate dal sistema nervoso intestinale in un ambiente infiammatorio. La sua attività, marcatamente focalizzata sulla down-regulation (riduzione dell’espressione) della proteina S100B, determina una conseguente riduzione del danno intestinale che si verifica durante lo stato infiammatorio acuto e cronico ed evidenzia l’importanza del controllo delle cellule nervose durante queste condizioni patologiche, attraverso il ripristino dell’equilibrio immunitario-cellule nervose alterato.
Il CBD è quindi considerato un promettente agente terapeutico che modula l’asse neuro-immune, che può essere riconosciuto come un nuovo bersaglio nel trattamento dei disturbi infiammatori intestinali.
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