La tanto attesa sentenza sul caso Kanavape è arrivata. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) si è finalmente pronunciata su uno dei temi più critici e dibattuti del momento: la commercializzazione dei prodotti a base di cannabidiolo (CBD).
Secondo la CGUE “uno Stato Membro non può proibire la commercializzazione di CBD legalmente prodotto in un altro Stato Membro, qualora estratto dalla pianta di Cannabis sativa nella sua interezza e non soltanto dalle sue fibre e dai suoi semi”.
Il caso Kanavape
La società francese Kanavape era stata chiamata in giudizio per aver commercializzato sigarette elettroniche con liquidi a base di CBD. I dispositivi erano stati importati dalla Repubblica Ceca, Paese nel quale l’estrazione dell’intera pianta di canapa, incluse foglie e fiori, non costituisce reato.
Il Tribunale di Marsiglia, considerate le limitazioni della legislazione francese, condannava gli amministratori della Kanavape per aver violato le norme sulla commercializzazione delle piante, precisando che la produzione di olio di canapa, destinato a essere immesso nelle cartucce delle sigarette elettroniche, può ritenersi legale solo se ricavato mediante la spremitura dei semi.
Dal momento che l’olio di CBD proveniente dalla Repubblica Ceca era stato ricavato dall’intera pianta di canapa, e non solo dai semi, doveva ritenersi illegale.
La sentenza del Tribunale di Marsiglia è stata impugnata dinanzi alla Corte d’Appello di Aix-en-Provence da parte della società Kanavape per questioni di pregiudizialità, lamentando la non conformità con la normativa europea, soprattutto in riferimento agli artt. 34, 35 e 36 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), relativi alla libera circolazione delle merci.
Il procedimento è stato quindi sospeso e sottoposto al vaglio della Corte di Giustizia Europea.
Il CBD non è una droga: la pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea
Nell’importante pronuncia del 19 novembre 2020, la CGUE ha precisato che il cannabidiolo non può considerarsi uno “stupefacente” e che, pertanto, resta soggetto alle norme in tema di libera circolazione delle merci.
Secondo i giudici di legittimità europei, non esistono evidenze scientifiche sugli effetti dannosi del CBD. Questo componente, peraltro, non viene nemmeno menzionato nella Convezione di Vienna del 1971 sulle sostanze psicotrope. Quindi, negare la commercializzazione del CBD sarebbe come limitare le importazioni, in violazione dell’art. 35 del TFUE.
Una tale restrizione sarebbe giustificata solo per motivi di interesse generale, indicati nell’art. 36 del TFUE, fra i quali la tutela della salute pubblica; tuttavia, nel caso specifico, la CGUE ritiene che tali motivi non sussistano. Allo stato attuale non può essere vietata la commercializzazione del CDB di sintesi, poiché non esistono evidenze scientifiche sulla pericolosità di tale sostanza per la salute della persona.
Un grande passo avanti
In assenza di prove scientifiche, uno Stato Membro non può vietare la commercializzazione del CBD che viene legalmente prodotto in un altro Paese europeo.
Il CBD, diversamente dal THC psicoattivo, non ha alcun effetto psicotropo: restringere l’importazione sarebbe del tutto ingiustificato, oltre che una violazione dei principi sulla libera circolazione delle merci.
Del resto, già nel gennaio del 2019 il Segretario dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) invitava le Nazione Unite a rivedere la Tabella I allegata alla Convenzione Unica, proprio con riferimento agli “estratti e tinture di cannabis”, per specificare che “i preparati contenenti principalmente CBD e il cui tenore di THC non supera lo 0,20% non sono soggetti a controllo internazionale”.
La nuova pronuncia sul caso Kanavape rappresenta un precedente giurisprudenziale di grande importanza, non solo per mettere fine al contenzioso francese, ma anche per armonizzare l’intero assetto normativo.
Insomma, siamo di fronte a una sentenza che fa ben sperare, in quanto potrebbe essere lo spunto per regolamentare in maniera definitiva la commercializzazione dei prodotti a base di cannabidiolo.